Dialogo tra Culture: l’importanza dell’interdisciplinarità e dei diritti culturali nell’era digitale

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Dialogo tra Culture: interdisciplinarità e diritti culturali nell’era digitale

Annachiara De Rubeis – 29/09/2024 14:59:21

“Discipline umanistiche e scientifiche a confronto: Quale dialogo è possibile?”.

Dialogo tra Culture: l’importanza dell’interdisciplinarità e dei diritti culturali nell’era digitale

La scorsa settimana presso la Biblioteca Ostinata in via Osti 16 a Milano, si è svolto l’incontro “Discipline umanistiche e scientifiche a confronto: Quale dialogo è possibile?”. L’evento ha esaminato i principali vantaggi derivanti dalla cooperazione e dalla fusione tra le culture umanistiche e scientifiche, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione in Italia e in Europa, spesso restie al cambiamento, e di favorire una cultura interdisciplinare.

Interventi e relatori

L’incontro, organizzato dal Movimento per il rispetto dei diritti e dei doveri culturali, presieduto da Monica Amari, ha visto la partecipazione di relatori di spicco: Elio Franzini, filosofo e rettore dell’Università di Milano; Maria Pia Abbracchio, professoressa ordinaria di Farmacologia e prorettrice vicaria; e Marco Ferraguti, professore ordinario di Evoluzione biologica. Il dibattito, coordinato da Valerio Consonni, è stato introdotto da Monica Amari e si è concluso con un intervento di Mario Sanchini.

Il vero cambiamento è la convivenza di pensieri diversi

“La cross fertilization era una tecnica utilizzata in agronomia dai contadini, che permetteva di raccogliere il meglio dagli angoli oscuri della Terra”, spiega la professoressa Abbracchio. Oggi, però, il termine ha acquisito un significato diverso. Non si tratta solo di unire conoscenze, ma piuttosto di mettere insieme il sapere di persone diverse, creando individui più resistenti. Era una tecnica già adottata da Seneca nel I secolo d.C. con il suo approccio olistico, che abbracciava tutte le scienze, ma oggi dovrebbe essere reinterpretata con l’intento di superare i dogmi radicati nelle scienze in generale.

Il rischio della disumanizzazione dell’individuo

“Il rischio a cui assistiamo è la spersonalizzazione e disumanizzazione dell’individuo. C’è bisogno di guardare la persona nella sua interezza e la medicina sta lavorando in questo senso, mettendo il singolo al centro”. Negli ultimi trent’anni, gli scienziati hanno avuto sempre più a che fare con la tecnologia, spesso applicando rigidamente la scienza piuttosto che dedicarsi alla scoperta. Si preoccupano più dei risultati che della vera ricerca, come diceva John Williams nel suo romanzo Stoner. Questa tendenza si riflette nel caso dei big data: enormi set di dati caratterizzati da volume, velocità e varietà, che richiedono tecnologie e metodi analitici avanzati per estrarre valore o conoscenza. La professoressa Abbracchio sottolinea: “Ogni giorno inviamo 3 milioni di e-mail al minuto, e il 90% dei dati presenti nel mondo è stato prodotto negli ultimi due anni. Siamo circondati da sensori e big data, così tanti che non sappiamo da dove cominciare. Tuttavia, lì risiedono le soluzioni. Dall’analisi di questi dati ricaveremo informazioni utili in molti ambiti, e questo può essere fatto solo insieme.”

L’importanza di mantenere le differenze

“Cambiare i paradigmi è vero, ma è necessario mantenere le differenze” afferma, invece, il professor Elio Franzini. Come? “Ognuno a partire dai propri metodi, dalla propria storia e dal proprio senso” .

La contaminazione tra saperi è sempre stata alla base dello sviluppo del pensiero umano. Tuttavia, con l’avvento del metodo scientifico, le due culture – umanistica e scientifica – si sono separate. Il professor Elio Franzini spiega che la frattura tra

queste due tradizioni risale già al Quattrocento, con l’Umanesimo, e si è consolidata nel Seicento con la scoperta del metodo scientifico da parte di Galileo e con le teorie di Cartesio. Inoltre, come dimostrato da Platone, le prime scoperte scientifiche erano trasmesse attraverso racconti, poiché mito e logos erano strettamente intrecciati. Con Cartesio, la cultura umanistica è stata progressivamente relegata a un ruolo marginale, considerata quasi un passatempo, mentre la verità è stata identificata esclusivamente nel metodo scientifico, riducendo così l’importanza dell’umanesimo nell’educazione dei giovani.

Diritti culturali e doveri culturali, come possiamo ridefinire la nostra società?

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 affianca i diritti culturali a quelli economici e sociali, considerandoli essenziali per la dignità di ogni individuo.Tuttavia, non tutti sanno che la mancata applicazione dei diritti culturali nelle costituzioni nazionali può portare a gravi conseguenze legali.

Il Movimento pone l’accento sulla necessità di riconoscere i diritti e i doveri culturali all’interno dei principi fondamentali della Costituzione italiana, in particolare nei riferimenti alla solidarietà (art. 2) e all’eguaglianza (art. 3). L’obiettivo è formulare nuove visioni per una società trasformata dal paradigma digitale, dai flussi migratori, dalla transizione ecologica e dall’intelligenza artificiale.

Monica Amari, con la sua vasta esperienza nel campo delle politiche culturali come saggista e curatrice di mostre ed eventi, sottolinea: “Siamo un movimento di intellettuali raffinati, non paludati. Non basta fornire fondi: una parte di queste risorse deve essere destinata al welfare culturale. La cultura non divide, ma unisce.” Amari aggiunge che l’interdisciplinarità è oggi la chiave per proteggere la libertà e la democrazia, garantendo la generazione, l’accessibilità e la redistribuzione delle conoscenze. Una concreta applicazione dei diritti e dei doveri culturali nella società aiuterebbe a contrastare anche l’autonomia differenziata delle scuole e lo spopolamento dei piccoli centri abitati in Italia.